martedì 6 maggio 2008

(a proposito della Festa del Cinema di Roma) ... E SE ALEMANNO AVESSE RAGIONE?


(dalla panoramica finale di "Roma città aperta" di Rossellini)

Jean-Luc Godard nell'"Histoire(s) du cinema" sosteneva che il cinema italiano del neorealismo era stato l'unico a resistere all'occupazione del cinema da parte degli americani.
Senza capitali, senza divi, senza finte scenografie di cartapesta, magari, come nel caso di Rossellini, con pellicole scadute, ma con tante idee e tanta passione.
Come un piccolo David, il neorealismo italiano, aveva vinto Golia, il gigante americano.
Aveva vinto anche la sua battaglia culturale contro il potere politico dell'epoca nel nostro paese, secondo il quale non era conveniente esibire al mondo intero la società con le sue miserie, ma anche con la sua fierezza. Al contrario, "i panni sporchi- ripeteva Andreotti - si dovevano lavare a casa".
Ora, viceversa, da anni non solo abbiamo perso questo primato, ma sembra che stiamo facendo di tutto quasi per farci perdonare, come se fosse una colpa, la mancanza di rispetto per il gigante americano, la presunzione di aver mantenuto la schiena diritta, di aver dato vita a un cinema il più possibile autonomo e libero dai condizionamenti commerciali.
Veltroni e la sua gestione frivola e festaiola della Festa del cinema di Roma con l'impronta divistica e hollywoodiana, conferita a questa manifestazione hanno precise responsabilità in questo senso. Con una patina di scintillante mondializzazione e con un esercito di Uffici stampa impegnati solo nelle vendite e nella pubblicità , hanno voluto mascherare il sostanziale provincialismo di chi, privo di idee proprie, si limita a scimmiottare e adulare i potenti. Allora, non c'è nulla di male, se, proprio da Roma si vuole segnare una ripresa dell'autonomia del cinema italiano ed europeo, che punti sulla qualità e sulle idee e che volti le spalle a quella che già negli anni quaranta un filosofo come Theodor W. Adorno bollava con l'epiteto di "industria culturale".
Che sia un ex fascista a proporlo non deve essere un motivo di rifiuto pregiudiziale. Non si tratta di fidarsi delle intenzioni di Alemanno, ma solo di prenderlo in parola e sottoporlo alla nostra critica. Non senza interrogarci sul perché la sinistra, anche nel cinema, si sia ridotta così male, al punto da lasciare certe battaglie culturali alla destra.

(da "Histoire(s) du cinéma" di Jean-Luc Godard)

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