lunedì 14 gennaio 2008

A PROPOSITO DELLA (MANCATA) VISITA DEL PAPA ALLA SAPIENZA


Di Benedetto XVI, apprezzo, prima di tutto, lo spessore filosofico e culturale e, in particolare, i robusti interventi recenti contro gli eccessi del capitalismo, contro la pena di morte o a favore della pace.
Non credo, poi, che sia giusto , come è stato fatto, designare papa Ratzinger, con l'espressione pittoresca ma offensiva, "il pastore tedesco" e nemmeno ricordare il suo probabile errore giovanile di essersi arruolato, giovanissimo nelle SS, episodio messo in luce da Gunter Grass e, del resto, non ancora provato.
Ma non posso dimenticare che è stato, da cardinale, Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede.
La Congregazione per la dottrina della Fede altro non è che il prolungamento del Sant’Uffizio e della Santa Inquisizione.
Ora questo organismo, nelle sue differenti denominazioni, e nei suoi vari cambiamenti di pelle, si è macchiato di crimini incommensurabili contro l’umanità, ancora molto prima che la nozione stessa di crimine contro l’umanità esistesse: dalla persecuzione contro gli ebrei "marrani" a quella contro gli eretici, dalla condanna al rogo di Giordano Bruno, alla costrizione all’abiura di Galileo. Entrambi i processi, vale la pena di ricordarlo, furono condotti da Roberto Bellarmino, prima fatto cardinale, poi addirittura Santo, con tanto di giorno nel calendario e chiesa eretta, nel Novecento, a Roma in Piazza Ungheria, a conferma del fatto che il Vaticano non si è mai pentito e che, nonostante tutto, con questi crimini non ha mai fatto i conti davvero. In particolare, il processo contro Galileo è stato in anni recenti controfirmato dall’attuale pontefice che, in una pubblica dichiarazione, ha finito con il giustificarlo, sia pure non in modo semplice e diretto, ma in modo anodino e indiretto, anzi circonvoluto, ricorrendo all'abusato artificio retorico di prendere a prestito espressioni di altri, storici, teologi e epistemologi, senza contestarle.
Ancora oggi, del resto, assistiamo a un pesante intervento della Chiesa, nelle sue diverse articolazioni, che non si limita ad orientare, come legittimo, i suoi credenti, ma tende anche a circoscrivere la ricerca scientifica nel campo della biologia e a sottoporla ai dogmi di fede, tra i quali quello, tuttora vigente, della infallibità pontificia. Questo anche a costo di vite umane che, dalla ricerca stessa potrebbero essere salvate, come testimoniano recenti fatti di cronaca, quale il caso illuminante di Luca Coscioni, vittima dell'oscurantismo papale.
Così come l'ossessiva condanna del preservativo finisce, di fatto, col provocare la morte di decine di migliaia di persone all'anno, sopratutto in Africa.
E' vero: non è la prima volta che un papa visita, l'Università di Roma. In anni recenti lo avevano fatto Paolo VI e a Giovanni Paolo II. Ma mai era accaduto che un Papa fosse il protagonista assoluto dell'inaugurazione dell'Anno Accademico, quando, a mio avviso, se vogliamo salvaguardarne l'autonomia scientifica, è del tutto inappropriata la presenza, tipica dei regimi autoritari, di autorità militari o religiose.
Per tutto questo, da laico, ma anche da vecchio laureato nella facoltà di Scienze, ritengo inopportuno questa visita che non pare affatto innocente e disinteressata, così come nel 1977 non era una visita innocente e disinteressata il comizio di Lama, e come non sarebbero innocenti e disinteressati, interventi e presenze da parte di autorità politiche se questi si facessero pesanti, ingombranti e volti a limitare l’autonomia dell’Università.
Insomma l'Università non ha bisogno di benedizioni papali, ma solo di essere lasciata libera nelle sue ricerche.

Leggi:

• Lettera di Marcello Cini al rettore
• Lettera di 67 (poi 700) docenti al rettore
• Discorso del Cardinale Ratzinger su Galileo Galilei (Parma, 15 marzo 1990)
Nota dell'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti)
Testo integrale dell'allocuzione che Papa Benedetto XVI avrebbe dovuto pronunciare

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